sabato 4 marzo 2017

Mio fratello è figlio unico (ma ha molti follower)

E’ una collezione di scritti brevi e brevissimi di antropologia minima che in gran parte traggono spunto dalla vita quotidiana e dalla osservazione delle cose che accadono in questo tempo e in questo spazio e in minima parte approfondiscono questioni apparentemente più specialistiche ma che in realtà riguardano la vita di tutti, anche di quelli che non sanno che quei pezzi parlano di loro.
Scritto da Felice Di Lernia, che si definisce Antropologo della contemporaneità e della quotidianità. Si occupa in particolare di quella parte dell’esistenza che è il prendersi cura e di complessità, ma anche di tante altre cose. Vive a Trani e lavora sempre in tanti altrove: entrambe le circostanze sono fortunose e faticose.

Si definisce profondamente diverso da come viene percepito. Ha molti margini di miglioramento ma ritiene di essere molto pigro.
È un libro per persone inquiete che sanno vivere con leggerezza.
Per persone disposte a sopportare il fastidio di destabilizzarsi, capaci di stare nelle domande senza l’angoscia delle risposte.
Per persone che in un libro non cercano soluzioni ma problemi, che possono fare a meno di un finale., appassionate di umanità, che si osservano e osservano, che descrivono.
Per persone che vogliono diventare così. Felice Di Lernia, condivide il pensiero di Zygmunt Bauman, (scomparso il recente 9 Gennaio 2017), colui che ci faceva notare che la “modernità dei produttori” governata da sicurezza, stabilità e durata nel tempo, ha ceduto il posto all’attuale “società dei consumatori”, il cui valore supremo è il diritto/obbligo alla ricerca della “felicità istantanea” che non deriva tanto dalla soddisfazione dei desideri, quanto dalla loro quantità e intensità. Quella felicità che non ci rende felici, ma isolati, alienati, vessati, prosciugati da vite frenetiche e
vuote, costretti a partecipare alla competizione per la visibilità e lo status. Costretti a vivere per il consumo, trasformando anche se stessi in merce.
Paradossalmente stiamo al gioco e non ci ribelliamo e, a detta di Bauman, non sentiamo alcun impulso a farlo. La mancata voglia di ribellarci potrebbe derivare dal senso di solitudine e conseguente impotenza, ma la lettura di questo libro offre uno stimolo al “pensiero divergente” e colui che si pone domande che crede di farsi in solitudine, scopre di essere in buona compagnia.
Mimmo Cormio

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