giovedì 4 maggio 2017

VIE D’USCITA Salvarsi con i Led Zeppelin, Bach e Nilla Pizzi

Opera di esordio di Rita Lopez, è un’antologia di racconti. Racconti di persone. Di uomini e di donne. Racconti di città e di strade. Di gioia e dolore. Di lacrime e sorrisi. Racconti di eroi del quotidiano, di guerrieri caparbi e indomabili. Racconti di marinai, naufraghi nelle acque torbide di vite crudeli, ma capaci ancora di mantenersi a galla, nonostante a volte la vita si accanisca impietosa. Sequenze autobiografiche, realtà e finzione si mescolano in una danza lenta e inesorabile, unite da un filo conduttore: la resilienza.
recensione di Carlotta Colella
Vie d'uscita
La resilienza, in ingegneria, è la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi. Resilienza, in “Vie d’Uscita”, è la capacità degli uomini e delle donne di accogliere il dolore e di rinascere dalle proprie ceneri, come inaspettate fenici, attraverso la musica. Sono guerrieri come Marianna, quelli di Rita Lopez: vedova giovane, operaia infaticabile, madre di sei figli. Marianna che con i soldi in più della busta paga si compra una radio, evadendo così da una realtà che le toglie il fiato. Guerrieri come Davide, che nasce nel quartiere Tamburi di Taranto e cresce nella convinzione che quelli come suo padre, operai dell’Italsider, siano eroi: anche lui lavorerà lì, un giorno. Ne è sicuro. Una sera però, al telegiornale trasmettono un servizio su Elvis Presley, venuto a mancare il 16 agosto del 1977. Così, Davide a dodici anni scopre che non solo l’acciaio rende forti, e quella sera va a letto con l’intenzione di imparare a suonare la chitarra. E’ così che si salverà, imitando gli assoli di Jimi Hendrix e i virtuosismi di Jeff Back, mentre l’acciaio si mangia la vita di suo padre. Rita Lopez incanta con questo magistrale inno alla vita, al dolore, alla forza, ed alla musica. Un’ode alla sofferenza, alle cicatrici esposte senza vergogna, alle mani nodose, alle schiene spezzate, alle ali recise brutalmente e con pazienza rimesse insieme, piuma per piuma. Alla crudeltà di un quartiere che può incatenare ma che non ci riesce, alla temerarietà di anime di passaggio su questa terra, che seppur in sordina sanno evolversi, combattere, reinventarsi e finalmente, rinascere. “Per aspera ad astra”, dicevano i latini: attraverso le asperità sino alle stelle. Ed è lì che arrivano a brillare le sue creature, “l’esercito degli uomini e delle donne di cui mai sentiremo parlare, ma che pure esistono”: nel firmamento. 
Carlotta Colella
 

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