Mio
nonno abitava in un palazzo antico, nel cuore del centro storico, ai
piedi del quale vi era un panificio. Quando io e la mia famiglia gli
recavamo visita, puntualmente si faceva un salto in quell'universo di
sbuffi di farina, fragranza incomparabile e gradevole tepore,
soprattutto d'inverno. Occasionalmente, facilitata dall'estrema
vicinanza, i miei mi permettevano di andarci da sola, scortata dalla
loro premurosa presenza al balcone. Ero piccola, ma quanto grande mi
sentivo varcando quell'ingresso! Prima, però, temporeggiavo qualche
secondo per un esame visivo su tutto quanto fermentava al di là
della vetrina. “ Buongiorno, un pezzo di focaccia, per favore”.
Nel mentre, l'occhio registrava quel che incontrava in laboratorio,
la cui porta, spesso spalancata, lasciava scorgere l'andirivieni
degli imbiancati panettieri, dal tavolaccio di impasto all'infornata
e sfornata, tra pane, taralli e focaccia. Come festosi delfini , le
mani s'immergevano in morbide onde di massa bianca formando le
distese di impasto, in teglia, pezzate di rosso, come papaveri sotto il sole cocente di un forno. E mi fermavo lì, in un
punto del vestibolo, a meravigliarmi di tanta attività e dedizione.
foto by: Gaia Marchese |
Con
o senza patata, con o senza semola, con o senza olive, di focacce
pugliesi ci sono tante versioni quanta è la fantasia di chi le
realizza. Quella che preferisco è la focaccia barese doc, che si
distingue per la superficie ammantata di pomodori e costellata di
olive baresane. Rigorosamente cotta nella tipica teglia in ferro,
dalla forma a tappo di bottiglia di birra. Solo il ferro riesce a
rendere croccante al punto giusto il fondo della focaccia. La si
gusta sempre calda perchè non ha mai il tempo di raffreddare di
fronte alla incontenibile voglia di divorarla, prestando attenzione,
però, all'elevata temperatura dei pomodori e al nòcciolo delle
olive.
Molto
probabilmente siamo in molti ad aver vissuto questa esperienza. La
stessa, rimasta nella memoria emozionale di ciascuno di noi ed è
forse per questa ragione che ancora oggi, pur avendo ognuno assunto
uno stile di vita differente, a metà mattinata, sente il forte
desiderio di recarsi in un panificio per chiedere un “calmante”,
quel pezzo di focaccia che spesso lo si divora come farebbe una
stella di mare, direttamente con lo stomaco, calmando il proprio
appetito e ricongiungendoci col nostro originario io. Un gesto per
affermare la propria identità. La focaccia è per i baresi, insieme
ad altre prelibatezze culinarie, un simbolo identitario.
Le
madeleine stanno a Proust come la focaccia sta al barese DOC!
Che
il Sole vi baci!
Gaia
Marchese
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