Il grembo caldo del mese
di Giugno accoglie il frutto della semina di Novembre.
I campi di grano,
fondendosi in un unico biondo colore, attendono, fluttuando a scelta
del vento, la raccolta delle spighe arse dal sole.
Contemplare i campi di
grano esorta a generose riflessioni di carattere aulico. In ogni
spiga s'indovina la premura del sole, si ode la nenia del vento che
asciuga il fertile pianto delle nuvole.
Vaste distese lambite da
soffi d'aria simulano trafelati o placidi respiri a evocare gli
stessi dei contadini che lavorano a spron battuto, in fase di semina
e raccolto. Due metà complementari che danno anima e corpo a un
alimento che eccelle in versatilità: la farina.
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Foto di Gaia Marchese |
È anche questo che fa,
del mettere le mani in pasta, un momento sacro. In un tocco di mani
il tangere di un percorso che dispone a un gioioso flusso di
sensazioni e a compiere il gesto del creare come diretta sequenza di
ciò che la natura impartisce.
Un tempo tutta la
famiglia partecipava alla mietitura, anche donne e bambini
raccoglievano le spighe tagliate dagli uomini. Il momento era
allietato da canzoni popolari e lavorare era una festa. Per tutti
risultava semplice esaminare l'ambiente e assistere alle varie fasi
di lavorazione rendeva naturale e inequivocabile la strada che
percorreva il grano prima di essere consumato.
Sebbene i progressi
tecnologici abbiano alleggerito notevolmente l'intensità del carico
di lavoro, spiacevolmente, oggi, soprattutto per i bambini, è
scomparso lo stimolo che genera la curiosità e quindi la conoscenza.
Molti di loro, purtroppo, non hanno mai visto uno scampolo di prato.
Percorrere un sentiero al margine di un campo di grano, scrutando
attentamente una spiga, sarebbe come tornare idealmente ai primordi
attingendo, a piene mani, la saggezza di uno stile di vita in cui
ogni cosa germoglia, cresce e matura sotto il sole della
consapevolezza.
Che il Sole vi baci!
Gaia Marchese
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